Messer Lievesogno e la porta chiusa

Favola allegorica in 5 scene di Gabriela Fantato

Messer Lievesogno e la porta chiusa
prima esecuzione: 01-10-1997
organico: Flauto, oboe, clarinetto, fagotto, corno, arpa, pianoforte, percussioni, quintetto d'archi, soprano, mezzo soprano, baritono, attore, mimo.
edizione: B-W-Italia
luogo: Bologna
esecutori: Dell'Oste, Mrazova, Leoni, Montagna, Istituzione Orchestrale della Provincia di Lecce, dir. N. Conti (in forma di concerto)
presso: Teatro Comunale
 

Se la musica incontra la favola si torna all’inizio, a quell’origine di tutti noi che sono i racconti ascoltati da bambini, sospesi nel tempo e nello spazio.  Per narrare una “favolosa invenzione” l’opera si fa stilizzazione di forme, ripresa di modi della tradizione, contaminati con forme inventate, in parte ad essa estranee per poter diventare musica e voce che, con i ricordi d’infanzia, suggeriscano quanto sia potente l’immaginazione: non mera fuga dal mondo, ma via sorridente e nuova per poter progettare il futuro, pensandolo “oltre l’esistente”.

Attraverso una “trasfigurazione fantastica”, le parti del corpo e la mente, unitamente al sogno, diventano in questa fiaba dei personaggi e ci mostrano una storia allegorica sul sognare come via privilegiata della conoscenza, ma anche dell’amore e dell’arte. Nella nostra “favola musicale” sono in scena vari personaggi collocati in un’epoca remota, tardo medioevale, viventi tra un Palazzo e un borgo campestre. La storia presenta Sua Altezza Pensa, appunto la ragione astratta che è capace di totale dominio sull’umanità e che ha imprigionato nel suo algido palazzo sul Monte Logos anche il sogno, che è Messer Lievesogno.

Con questa prigionia tutta l’umanità è stata privata della possibilità di sognare ed è sottomessa alla ragione. Anche l’unico figlio di Sua Altezza, nato dalla sua pura mente, il melanconico Principe Concetto soffre per questa clausura e vorrebbe andare nel mondo: poter amare e soffrire persino, vorrebbe provare emozioni e toccare le cose, annusarne gli odori. Per l’intesità di questo desiderio e grazie all’aiuto di Messer Lievesogno, il giovane Principe una notte riesce a sognare e così… può uscire, va leggero nell’aria, sente rumori e canti. Il timore del disappunto di sua madre, Sua Altezza Pensa, lo fa svegliare e… torna indietro, torna di nuovo chiuso nel palazzo. Messer Lievesogno, invece, riesce a continuare la fuga e va nel mondo; giunge al paese di Belsorriso, dove vede una bellissima fanciulla, Madonna Bocca, seduta solitaria e triste ad una grande tavola imbandita.

Di lì a poco si scoprirà che il magnifico cuoco che ha preparato tutto ciò: è suo fratello, Mastro Pancia. Insieme, i tre si divertono molto, tra cibi e ottimi vini. Giunge l’alba e Messer Lievesogno si rende conto di essere fuori dal Palazzo e, temendo l’ira di Sua Altezza, torna di fretta sul monte Logos. La giovane e il fratello cuoco lo seguono senza che lui se ne accorga. Entrano con lui nel Palazzo. Nella scena finale, grazie all’amore e al buon “Marzemino”, la crudeltà e il potere di Sua Altezza Pensa saranno sconfitti. Tutti saranno di nuovo liberi e Messer Lievesogno, tornato nel mondo, potrà far sognare felicemente l’umanità. 

Prima esecuzione in forma scenica: 4.11.2000 – Teatro Nuovo Verona
G. De Laurentis, S. Rigacci, D. Pelissero, E. Belfiore, G. Biancardi.
Strumentisti dell’Arena di Verona – direttore F. Maestri