Gli usignoli dell’imperatore

Piccolo concerto per due ottavini, percussioni e orchestra d’archi

prima esecuzione: 21-04-2016
organico: 2 ottavini, percussioni (1 esecutore), archi
edizione: Sonzogno
durata: 16 min
luogo: Prato
esecutori: Mazzanti, Visentini, Camerata strumentale “Città di Prato” - direttore Christopher Franklin
presso: Teatro Politeama Pratese
 

La scheda del Cd Piccolo Concertos
Ascolta il brano su YouTube

In una famosa fiaba si racconta di un remoto imperatore perdutamente innamorato dell’incantevole voce dell’usignolo che vive nel parco del suo palazzo, ma l’imperatore, non pago di quell’incanto sonoro, si fa costruire un usignolo meccanico, la cui voce incomparabile finirà per essere preferita a quella del suo sosia naturale.

La suggestione letteraria di questa fiaba è l’origine della scrittura di questo concerto; certo, non in senso letterale, la musica, arte astratta per eccellenza, non è in grado raccontare una storia, è in capace però di evocarla in maniera potente. Due particolari, riconducibili allo svolgersi della trama, mi hanno particolarmente colpito: il primo, più evidente, è l’accostamento classico della voce dell’usignolo con quella nitida, argentina, sopracuta e penetrante dell’ottavino. Il secondo, forse più sottile, è lo scontro evocato simbolicamente dalla fiaba, tra ciò che “naturale” con ciò che è “artificiale, o meglio tra il concetto di “animato” con il suo contrario “inanimato”.

La voce degli ottavini si trasforma di volta in volta nella brillante e artificiale durezza di un carillon, complice anche l’accostamento con la sonorità tintinnante del glockenspiel, per poi rapidamente ammorbidirsi e ritrovare la sua innata e nitida cantabilità, alla quale la compagine degli archi aggiunge e regala ombre e qualche inquietudine.

Il concerto non ha una forma classica; si costituisce di due soli movimenti: a una prima parte lenta (espressivo) ne segue un’altra, senza soluzione di continuità, dal carattere opposto, assai vivace e marcata. L’energia cinetica di questo secondo movimento incontra, nel suo implacabile percorso ritmico, alcune soste, in cui il lirismo della prima parte è rievocato, ma con discrezione. Il sostanziale equilibrio tra figure musicali più dure e astratte con altre morbide e cantabili si spezza drammaticamente quasi alla fine del brano con una sequenza di violenti battiti della gran cassa che sembrano letteralmente spezzare il tessuto sonoro del concerto; la musica ormai svuotata diventa, nelle ultime battute, puro disegno per poi spegnersi rapidamente nel brusio pizzicato degli archi. Il concerto è stato scritto per una nuova tipologia di ottavino, la quale, tra i molti miglioramenti tecnici, regala allo strumento tre preziose note nel suo registro basso.